Le mie Recensioni dei Film migliori

Le mie Recensioni sono esclusivamente riservate ai migliori Film che reputo meritevoli, da grande appassionato di cinema non ho voluto privarmi di quest’onore. I Film di serie B sono a milioni, ma quelli non m’interessano, né meritano di essere menzionati. Considero le vecchie pellicole le migliori rispetto a quelle di oggi, perché allora non c’erano effetti speciali, erano semplici e reali, soprattutto lo scenario. Oggi i Film sono partoriti dai computer e sono scialbi e privi di autenticità, gli attori sono camuffati e gli ambienti inesistenti, sembra di essere nel mondo virtuale dove non c’è nulla di vero, c’è soltanto onirismo e nient’altro.
Chi ama il Cinema può trarre da queste Recensioni l’occasione ideale per vedere o rivedere questi Film perché sono assolutamente da non perdere.


 L'ESORCISTA  (1973 - William Friedkin)



Il Demonio s'insinua in noi attraverso la visione cinematografica, ci cattura con la sua infernale forza spirituale inconscia, soprattutto a chi crede nella sua esistenza. Gran merito del suo successo si deve principalmente attribuire a questa convinzione. Io, pur essendo miscredente, reputo il film, un capolavoro inimitabile. Per mia assoluta convinzione ritengo il demonio, una creatura partorita dalla mente dell'uomo per discolparsi dalle proprie colpe. Io valuto il film come un portento miracoloso per gli amanti del genere.
In nessun film c'è tanta tensione travolgente da far sobbalzare lo spettatore dalla poltrona della sala o preferibilmente di casa. Alla sua prima uscita procurò molti infarti, addirittura fuori dalle sale cinematografiche c'era un’ambulanza parcheggiata per tutta la durata del film.
Gli attori sono magistrali: soprattutto l'esordiente Linda Blair, la dodicenne indemoniata. L'agghiacciante colonna sonora che si è pregiata di un Oscar, e la perfetta sceneggiatura (Blatty), premiata anch'essa con l'Oscar, testimonia quando sia colossale questo film.
Che crediate o no al Demonio è un film da non perdere. Io amo rivederlo spesso in una notte tempestosa, perché con una simile atmosfera l'apoteosi diventa totale. 



IL MONELLO  (1921 - Charlie Chaplin) 


Non c'è un aggettivo per definire la grandezza di Charlie Chaplin, il mitico Charlot. Il miglior attore di tutti i tempi, l'unico che sia riuscito a interpretare personaggi comici e tragici alla perfezione, anche con il muto. Il piccolo vagabondo dai pantaloni larghi e sformati, grosse scarpe, bombetta e bastone da passeggio, ha interpretato questo ruolo ormai classico in più di settanta film. Il Monello è sicuramente il miglior film da lui interpretato e diretto, oltre ad aver composto anche la melanconica colonna sonora.
E' una vergogna che Chaplin non sia mai stato premiato con un Oscar, soltanto perché ai suoi tempi, in piena epoca Maccartista, le sue idee politiche furono giudicate eccessivamente di sinistra.
Se penso che oggi gli Oscar premino i film di serie B mi fa rivoltare lo stomaco, c'è davvero da piangere. Un film del genere è imperdibile, non vederlo è come dare uno schiaffo alla vita. Grazie Chaplin, m’inchino alla tua maestà.



BEN-HUR (1959) (1959 - William Wyler)



Un film che non ha bisogno di alcuna recensione perché parla da sé, definirlo perfetto non è un'esagerazione perché lo è a 360 gradi. Vincitore di 11 Oscar, con una nidiata di attori geniali ed una sceneggiatura ad alto livello per l'epoca. E' un film epico che nessuno si è perso e che tutt'oggi tutti rivedono volentieri malgrado sia trascorso mezzo secolo, perché è un film che non ha tempo perché è immortale. Io l'ho visto la prima volta da ragazzo, in una sala cinematografica a Napoli, allora frequentavo la terza media, e quella mattina feci filone (non andai a scuola), e con alcuni amici decidemmo di andare a Napoli con il bus. Ci trovammo per caso davanti a una sala cinematografica e fummo catturati dalla locandina del film di Ben-Hur affissato sul muro all'esterno, io essendo un amante dei film in  costume, specie sull'Impero Romano, non ci pensai due volte ad entrare. I miei amici, per fortuna, non obiettarono e mi seguirono silenziosi. La sala era grande e il soffitto si apriva automaticamente durante l'intervallo tra un tempo e l'altro, si poteva comprare davvero di tutto lì dentro. Noi avevamo il bus prima dell'una per ritornare a Sessa A. e prendere poi la coincidenza per il nostro paese, sennonché il film durò quasi quattro ore e dovemmo prendere il bus nel tardo pomeriggio.
Tornammo a casa che era sera, mia madre doveva ancora rientrare dal lavoro e così me la cavai. Ricordo tuttora di aver divorato quel film come un assetato appena uscito dal deserto che ingurgita acqua da un'oasi, qualcosa in me è cambiato quel giorno. Da allora l'ho rivisto quattro cinque volte,
e tutte le volte mi sembra di vederlo per la prima volta. Col tempo ho collezionato film meravigliosi, tra cui Ben-Hur, amo molto le colonne sonore dei film, e quella di Ben-Hur è bellissima. Molti ascoltano le canzoni, io ascolto spesso le musiche da film e la musica classica.
Non occorre che io pubblicizzi Ben-Hur per invogliare le persone ha vederlo, perché è uno dei pochi film che non né ha assoluto bisogno. Le mie recensioni sono prettamente un'esclusiva per soli film straordinari e meravigliosi, è Ben-Hur lo è in tutti i sensi. Vedetelo e mi ringrazierete. Lo consiglio soprattutto a chi non l'ha ancora visto. 



LA GUERRA DEI MONDI  (1953 - Byron Haskin)



I migliori film sono quelli tratti dai libri, è questo film, tratto dall'agghiacciante racconto di H. G. Wells, non smentisce le attese. Definito il miglior film di fantascienza di tutti i tempi. Vincitore di un Oscar per i migliori effetti speciali. Rivederlo è sempre un piacere, per questa inconfutabile ragione consiglio a tutti di non perderlo assolutamente, di accomodarsi in poltrona e godersi lo spettacolo, chissà che non sentiate suonare le campane a festa. Il remake del 2008 è la brutta copia dell'originale, da non suscitare nessuna suspense allo spettatore



LA IENA  (1945 - Robert Wise)




Quando un film in bianco e nero si colora della perfezione più assoluta. Il miglior film che sia mai stato girato, con il geniale e inimitabile Boris Karloff nel ruolo di un perfido ladro di cadaveri, spalleggiato da un superbo e accattivante Bela Lugosi.
La scenografia è impeccabile. La regia perfetta. Un film assolutamente da non perdere soprattutto per i non amanti del genere, io vi garantisco che vi sorprenderà. Chissà che non sia l'inizio di una cavalcante passione per questo genere.



FRANKENSTEIN  (1931 - James Whale)




Il film del 1931 doveva essere il seguito di Dracula, uscito nello stesso anno, e a interpretare il ruolo della creatura era stato scelto Bela Lugosi, ma i contrasti tra l'attore e la Universal indussero la casa di produzione a scritturare Karloff, una scelta  azzeccata perché fu un strepitoso successo. Un cult memorabile che a dispetto degni anni non invecchia mai, resta tutt'oggi uno dei massimi capolavori del cinema. Diretto in modo magistrale da James Whale. Non perdetevi, per nessuna ragione al mondo, questo film grandioso. 



L'UOMO LUPO  (1941 - George Waggner)


L'atmosfera sinistra e surreale del film è degna del peggior incubo che possiamo immaginare o partorire con la nostra mente, con l'inquietante ululato del lupo mannaro che ci fa rabbrividire, l'opalescente luna piena che irraggia il suo tortuoso cammino, il buio sinistro che ci avvolge come un sudario, il suo aspetto terrificante e la sua ferocia insaziabile nell'aggredire le sue prede. Questo scenario scioccante inchioda lo spettatore sulla poltrona. Privo di effetti speciale questo film resta il migliore in assoluto, tutti i film realizzati dopo sono scadenti. E' da elogiare il grande Lon Chaney e l'accattivante Bela Lugosi.
E’ un film da vedere tutto di un fiato, possibilmente di notte, con la luna piena.




SCHINDLER’S LIST  (1993 - Steven Spielberg)




Il film è tratto dal libro: La Lista, di Thomas Keneally. L’industriale tedesco Oskar Schindler è in affari con i nazisti, a Cracovia usa i deportati ebrei per farli lavorare per lui in una fabbrica a basso costo, con lo scopo di arricchirsi. La sofferenza e lo strazio patito quotidianamente dai deportati ebrei hanno il portento di cambiare Schindler, che diverrà il loro salvatore. Egli strapperà 1.100 ebrei dalla camera a gas o alla morte per inedia. Vincitore di 7 premi Oscar. La pellicola è in BN, per espressa volontà del regista,  
Non sono gli Oscar a decretare l’immortalità di un film, potrei citare centinaia di film capolavori che lo meritavano ma che non sono stati neanche presi in considerazione, come i film di Charlie Chaplin e altri.
Schindler’s list è un film da vedere perché testimonia una realtà inquietante vissuta all'epoca dagli ebrei, ci racconta la pazzia di un nazismo senza precedenti storici. Dobbiamo farne tesoro perché non succeda più in avvenire, ci deve aprire il cuore perché siamo tutti uguali, e abbiamo tutti gli stessi diritti. E’ stato l’amore a creare l’universo e noi non facciamo nulla per amarci tutti come fratelli, non sarebbe meglio estinguerci?



IL PADRINO  (1972 - Francis Ford Coppola)




Il capolavoro cinematografico è stato partorito grazie a Robert Evans, l’allora capo della Paramount, e a uno sconosciuto Mario Puzo. Questi fece recapitare un manoscritto di trenta pagine dal titolo: Mafia, al signor Evans, il soggetto era imperniato sul Gangsterismo mafioso che dalla Sicilia sbarcò in America negli anni trenta. Evans né fu folgorato al tal punto da acquistarne i diritti alla modica somma di 35.000 dollari, incaricò Puzo di farne un romanzo che fu intitolato: Il Padrino, e poi ne realizzò il film, affidandosi ad attori pregiati. La scelta della regia fu una scommessa perché il trentaduenne Coppola (cresciuto alla scuola di Roger Corman) era reduce da pellicole non troppo apprezzate, a suo favore c’era l’Oscar del 1970 con il film: Patton generale d’acciaio, ed anche perché Evans era convinto di poterlo plasmare facilmente, ma non fu così. Il regista Coppola aveva le idee chiare in proposito, non solo riuscì a dissuadere Evans, lo convinse a triplicare il budget per realizzarne una saga. Per il ruolo del patriarca (il Padrino) si era indecisi su quali attori scegliere, tra Ernest Borgnine, Burt Lancaster, Orson Welles, George C. Scott e Edward G. Robinson. Puzo e Coppola, autori della sceneggiatura, interessavano soltanto due nomi: Laurence Olivier o Marlon Brando. Il primo era indisponibile e il secondo non suscitava entusiasmo dai dirigenti della Paramount. Brando aveva 47 anni ed era già ingrigito. Firmò il contratto per un compenso di 50.000 dollari e una percentuale sugli incassi. Il film il Padrino ottenne in breve tempo un successo mirabile, e vinse tre Oscar, nonostante avesse a suo favore dieci nomination. Marlon Brando incaricò l’Apache Sacheen Littlefeather di ritirare l’Oscar per lui.
Il duro e ribelle Brando di: Fronte del Porto e Il Selvaggio, in un’interpretazione stellare che lo consacrerà nel tempo, solo per questo vale la pena vedere questo imperdibile film. Consiglio a tutti di vedere la Saga.



DRACULA  (1931 - Tod Browning)




Il film è stato tratto dal libro: Dracula, di Bram Stoker, pubblicato nel 1897. Per descrivere il castello, lo scrittore irlandese si ispirò a una fortezza tuttora esistente a Bran, nella regione dei Carpazi.
La versione di Dracula in teatro ebbe un tale successo a Broadway che la Universal decise di portarla sullo schermo.
Il regista Tod Browning voleva Lon Chaney (l’uomo dai mille volti) come protagonista di Dracula, ma la morte improvvisa dell’attore costrinse i produttori a cercare un altro attore. Dopo i provini, la scelta ricadde su un attore ungherese allora cinquantenne di nome Bela Lugosi, la cui conoscenza inglese era molto limitata, e sin dal suo debutto a Broadway nel 1927 aveva interpretato l’opera solo in teatro, ottenendo un enorme successo. Egli era così pallido che non occorse truccarlo. Il suo accento magiaro, lento, rendeva le sue battute inglesi insolite e struggenti, e fu proprio questa sua cadenza a spaventare gli spettatori con le mitiche frasi: “So-no Dra-cu-la ben-ve-nu-to”, e “Io non bevo mai… vino”.
Lo strepitoso successo del film diede alla Universal lo sprono per l’inizio di una produzione di film del terrore e decretò fama a Bela Lugosi. L’attore era convinto di essere la reincarnazione di Dracula. Fu seppellito con indosso il mantello nero e rosso e il frac del Conte Dracula.
Il record di interpretazioni appartiene all’attore britannico Christopher Lee con 10 film, il primo fu Dracula il Vampiro, del 1968. Parlerò diffusamente di lui, del regista Terence Fisher e dell’attore protagonista Peter Cushing, nel ruolo di Van Helsing, molto presto.
Su Dracula, Vlad Dracul, l’Impalatore, terribile Principe Valacco che celebrava i suoi banchetti davanti ai cadaveri delle sue vittime, sono stati girati 90 film, ma questo resta indiscussamente il migliore, proprio per questa ragione consiglio a tutti, anche ai ragazzi, di vederlo.
Se i film di oggi sono scadenti, è perché non ci sono attori all'altezza degli attori di un tempo.



VIA COL VENTO (1939 - Victor Fleming




Tratto dal libro di Margaret Mitchell, Via col Vento resta il film più amato della storia del cinema. Stabilì due primati, 13 nomination e 8 Oscar, tra gli esclusi niente di meno che Clark Gable e Olivia de Havilland e Max Steiner, autore della colonna sonora. A sottrarre l’Oscar all’attrice come miglior attrice non protagonista fu Hattie McDaniel, la prima attrice di colore a conquistare l’Oscar, che nel film interpreta il ruolo di Mammy. Fu lei l’autentica trionfatrice della serata durante la cerimonia della consegna degli Oscar, nel proclamarla vincitrice dell’ambito premio, Fay Bainter disse: “Questo premio supera ogni differenza di razza, credo religioso e colore della pelle”. Hattie si commosse e riuscì a sussurrare al microfono: “Grazie!” mentre il pubblico in sala gridava: “Hallelujah!
Per la delusione, Olivia de Havilland scoppiò in lacrime, poi, però, si convinse subito e si congratulò con Hattie.
Vivien Leigh, la Rossella O’Hara nel film, vincitrice della statuetta, era raggiante per aver superato la concorrenza stellare di Greta Garbo e Bette Davis.
Lo sconfitto Clark Gable fu tranquillizzato dalla moglie Carole Lombard che le disse: “Non deprimerti, porteremo a casa un Oscar l’anno prossimo” e lui rassegnato rispose: “Questa era la mia ultima chance”.
Nota curiosa, per la protagonista Rossella O’Hara furono provinate 1.400 attrici, tra cui Katharine Hepburn, Bette Davis e Joan Crawford, a spuntarla fu Vivien Leigh, all’epoca praticamente sconosciuta in America, mai scelta si rilevò più azzeccata perché ancora oggi la pellicola è viva e attuale grazie a lei.
Via col Vento è un film lungo che si divora in un sol boccone, il mio consiglio è di accomodarvi in poltrona e vederlo, alla fine sentirete dire da Rossella O’Hara: “Domani è un altro giorno”, storica frase rimasta immortale.



PSYCHO  (1960 - Alfred Hitchcock)



E’ uno dei capolavori di Alfred Joseph Hitchcock, definito il “Maestro del Brivido”. Eppure da bambino era pauroso e solitario, con pochi amici. La sua attrazione per il mondo del crimine inizia da giovanotto, e gran parte del suo tempo lo dedicava alla collezione di saggi e articoli in materia e alle frequenti visite al museo del crimine di Scotland Yard. E’ il regista preferito di Dario Argento che lo definisce suo “Maestro”.
Una distinta bionda sottrae del denaro al suo datore di lavoro e dopo aver affittato un’automobile, tenta la fuga. Durante il viaggio, spossata, decide di fermarsi a un motel, mentre fuori impazza il temporale. Il proprietario Norman Bates è afflitto da una doppia personalità…
La memorabile scena della doccia si avvale di 70 inquadrature in soli 45 secondi di durata.
Ciò che l’inglese regista ama nei suoi film è la suspense, un cocktail di luci e ombre e della musica accentuata, e Psycho ne è saturo.
Consiglio di vedere o rivedere al più presto questo film. Vi raccomando di vederlo dall'inizio, altrimenti non ha senso, soprattutto questo film. 



LA MASCHERA DEL DEMONIO  (1960 - Mario Bava)


Mario Bava è considerato il maestro del cinema horror italiano. A dispetto di budget miseri a sua disposizione, sceneggiature e attori non all'altezza, è riuscito a girare film divenuti dei cult movie. Con La Maschera del Demonio ha dato inizio all'horror gotico. La sua celebrità si è evoluta anche alle sue creazioni di effetti speciali e trucchi cinematografici, in un'epoca in cui gli effetti digitali ancora non esistevano, con effetti e trucchi semplici e ingegnosi.
La Maschera del Demonio è stato il primo film diretto dal regista, tratto da un racconto di Nikolaj Vasil'evič Gogol' intitolato Il Vij. Alla sua uscita il film incassò circa 139 milioni di lire, ma ben presto diventò un classico. Bava ne curò l'elegante fotografia e gli artigianali ma efficaci effetti speciali.
Mario Bava è ammirato da molti registi statunitensi. Martin Scorsese, Tim Burton, Joe Dante, John Landis e Quentin Tarantino hanno più volte dichiarato di essersi ispirati a lui.
La critica italiana ha sempre considerato Bava un regista di B-movie. Solo dopo la sua morte è iniziata una rivalutazione delle sue opere, (chissà perché uno deve morire per essere apprezzato). Viceversa negli Stati Uniti e in Francia è stato subito considerato un maestro dell'horror.
Io non amo rivelare le trame dei film, non occorre che vi dica il perché. Se si apre un regalo conoscendo già il contenuto, l’effetto sorpresa va a farsi benedire. E’ come vedere una partita di calcio alla quale teniamo molto con il risultato finale già acquisito, magari uno 0 a 0 noioso e senza sussulti. Siate sinceri, tale partita la vedreste?
I film che io vi recensisco sono assolutamente imperdibili, potete fidarmi di me ad occhi chiusi.
La Maschera del Demonio è un film che dovete vedere, vi garantisco che non vi pentirete.
Vi suggerisco altri film imperdibili di Mario Bava: I Tre Volti della Paura; Operazione Paura; Cani arrabbiati & Reazione a Catena.  





NOSFERATU, IL VAMPIRO   (1922 - Friedrich Wilhelm Murnau)





E’ stato il primo film (muto per l’epoca) su Dracula, ispirato al romanzo di Bram Stoker. La moglie dello scrittore, a quel tempo vedova, chiese il rispetto dei diritti di pubblicazione, il regista Murnau per non violare il copyright ed evitare di pagare i diritti d’Autore fu costretto a modificare il titolo, i nomi dei personaggi e i luoghi. Il Conte Dracula diventò il Conte Orlok, (interpretato da Max Schreck), e invece della Transilvania fu scelto i Carpazi. Ciononostante, il regista fu comunque denunciato e perse la causa, dovette distruggere tutte le copie della pellicola per ordine del giudice. Per fortuna il regista salvò una copia clandestina del film, che è potuto sopravvivere fino ai giorni nostri, ed è stato un bene perché ci saremmo privati di un capolavoro assoluto. Si sospetta che dietro lo pseudonimo di Max Schreck ("massimo orrore" in tedesco) si celi lo stesso regista, pesantemente truccato per interpretare il ripugnante vampiro.

Il film si avvale di una colonna sonora struggente e di una scenografia fosca e colorata malgrado il BN. Per gli amanti del genere questo film deve essere visto assolutamente, se la pellicola non è stata distrutta una ragione ci sarà.




DRACULA, IL VAMPIRO (1958 - Terence Fisher)





La Hammer Film Productions nel produrre Dracula il Vampiro, dà una sterzata inaspettata all'opera originale di Bram Stoker, lo marca con un genere gotico, e affida il ruolo del Conte Dracula all’attore inglese Christopher Lee e il ruolo di Van Helsing all’attore inglese Peter Cushing.
Con Christopher Lee il personaggio di Dracula diventa sanguinario e crudele a differenza della melanconica solitudine che aleggiava intorno alla figura di Bela Lugosi, che in quel frattempo viveva da morfinomane dentro una villa cinta da un cancello sormontato da pipistrelli scolpiti.
Tale pellicola è stata considerata una delle migliori trasposizioni cinematografiche del romanzo, e nel 2004 è stata eletta dalla rivista Total Film trentesima nella classifica dei migliori film britannici di tutti i tempi.
Il film fu distribuito negli Stati Uniti con il titolo: “Horror of Dracula” per non confonderlo con la versione precedente di Bela Lugosi.
Il film si avvale di un technicolor vivo e freddo, specie il rosso sangue che cola in modo abbondante dal collo delle vittime e dagli angoli della bocca del Vampiro, ciò suscitò un rinnovato cambiamento nel gusto degli spettatori, più incline alla ferocia del Conte Dracula che non dalla sua afflizione intrinseca.
I due amici, Christopher Lee e Peter Cushing, hanno girato innumerevoli film insieme, dalle pellicole numerose di Dracula e Franhenstein, a generi horror come: La Mummia (1959), Le Cinque Chiavi del Terrore (1965), Horror Express (1973), Il Terrore viene dalla Pioggia (1973), La furia dei Baskerville (1959), ecc.…
Curiosità: Christopher Lee parla correttamente otto lingue: inglese, francese, italiano, spagnolo, tedesco, svedese, russo e greco.
Nel 2001 la Regina Elisabetta II gli ha conferito il titolo di Commander of the Order of the British Empire (CBE).
Il 21 giugno 2004 gli è stata conferita la cittadinanza onoraria nella città di Casina, in provincia di Reggio Emilia, dove vissero i suoi antenati.
È conosciuto come un patito di sigari, con una passione per i sigari cubani marca Montecristo.
Nutre interesse per l'occulto: possiede una biblioteca fornita di oltre 12.000 libri, la maggior parte dei quali trattano di questo argomento, come racconta nella sua autobiografia, Tall, Dark and Gruesome.
Il 13 giugno 2009 è insignito del titolo di sir dalla Regina Elisabetta II.
È entrato nel Guinness dei primati come l'attore vivente più citato sugli schermi e attore più alto vivente: 1,96 m al suo picco giovanile.
Ha deciso che sulla sua tomba apparirà la scritta 'I'll be back' ('Tornerò')
Peter Cushing dipingeva, amava collezionare e costruire soldatini, scenografie teatrali ed era un appassionato di ornitologia.
Questo film non solo deve essere visto al più presto ma deve anche essere custodito gelosamente nel vostro archivio.




FREAKS (1932 - Tod Browning)





Freaks si può sicuramente definire il film più inquietante, anomalo e maledetto del cinema mondiale, proprio per questa ragione è considerato uno dei più grandi cult movie di sempre. Nella classifica dei migliori 50 cult movies stilata nel 2003 dalla rivista statunitense Entertainment Weekly viene piazzato al terzo posto preceduto solo da The Rocky Horror Picture Show di Jim Sharman (1975) e da This is Spinal Tap di Rob Reiner (1984). Nel 1994 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Sin dalla prima uscita, la pellicola fu circondata da un’aura di mistero, incubo e paura, tanto che durante la visione molte persone si sentirono male, addirittura una donna, dopo la visione del film, subì un aborto spontaneo.
Il film fu vietato dalla Germania nazista dal 1933 al 1945, nel Regno Unito la visione fu vietata fino al 1964. Fu vietata la visione nella città di Cleveland. Anche nell'Italia fascista il film fu bandito; la pellicola uscì in Italia solo all'inizio degli anni settanta, e solo in televisione, dopo essere stato doppiato su richiesta della RAI.
il regista Tod Browning fu costretto a tagliare quasi mezzora di pellicola, le parti tagliate sono state distrutte per sempre (peccato!) 
Freaks è ambientato in un circo, interpretato da veri fenomeni da baracconi, i Freaks (reietti, mutilati, deformi). 
Un circo itinerante ospita gemelle siamesi, l’uomo-torso, nani, bambini deformi e altri scherzi della natura che sfruttano il proprio aspetto per vivere, consci della crudeltà degli spettatori.
Curiosità: Harry Earles (il nano Hans) e Daisy Earles (la sua fidanzata Frieda nel film), nella vita reale erano fratelli: di origine tedesca.
Turbata dalle forti polemiche provocate dal film, l'attrice che interpretava la donna barbuta (che era realmente una donna barbuta) rinnegò il film e la produzione.
Johnny Eck, il ragazzo senza gambe, soprannominato "the half boy", ha avuto una lunga carriera nei freak show ed è stato autore di una sentita e toccante autobiografia.
Fu girato un remake nel 1967: She Freak.
Il film si presenta da solo, non occorre convincere gli scettici, posso solo aggiungere che colui che si rifiuta di vedere questo film non potrà mai sapere che cosa si è perso, inoltre non comprenderà la vera natura dei Freaks i quali non si nascondono dietro la loro mostruosità




QUO VADIS? (1951 - Mervin LeRoy)





Quo Vadis? è tratto dal romanzo storico di Henryk Sienkiewicz, (vincitore del premio Nobel per la Letteratura nel 1905), girato quasi per intero a Roma.
E’ un kolossal storico con attori pregiati come Robert Taylor (Marco Vinicio), Deborah Kerr (Licia), Leo Genn (Caio Petronio), Peter Ustinov (Nerone). Patricia Laffan (Poppea) e Buddy Baer (Ursus).
Ottenne 8 nomination agli Oscar del 1952, senza vincerne nessuno. Tutt’oggi detiene il record di costumi usati in un film, ben 32.000.
Quo Vadis? "Dove vai?", si riferisce all'incontro tra san Pietro e Gesù sulla via Appia. Pietro, in fuga dalle persecuzioni di Nerone ebbe una visione di Cristo, al quale chiese: "Domine, quo vadis?" ("Signore, dove vai?"). Gesù gli rispose: "Eo Romam, iterum crucifigi" ("Vado a Roma, per essere crocifisso una seconda volta"). Pietro capì che doveva tornare a Roma e non scappare, e che doveva morire come il suo maestro. Pietro tornò a Roma e morì crocifisso, ai piedi del Colle Vaticano, dove oggi si trova la Basilica di San Pietro.
Nel film recitano anche il giovane Bud Spencer, scelto per fare la comparsa come guardia dell'impero romano. Sofia Loren compare invece nella scena in cui il corteo trionfante di Vinicio giunge nel Foro, interpreta una popolana che lancia fiori al passaggio del condottiero. Elizabeth Taylor compare come una cristiana prigioniera, inizialmente volevano affidare a lei il ruolo di protagonista, poi affidata a Deborah Kerr.
Il regista Anthony Mann partecipò alla realizzazione del film lavorando per 24 notti alle riprese dell'incendio di Roma insieme all'operatore aggiunto William V. Skall.
I film Kolossal sono una garanzia assoluta, soprattutto quelli Storici dell’Impero Romano. Per gli amanti del genere questa pellicola è come un Babà, è talmente buono che si divora in un sol boccone. Chi ama il cinema non può assolutamente perdersi questo film capolavoro.  




LUCI DELLA CITTA’ (1931 - Charlie Chaplin)





E’ un grande onore per me recensire i film di Charlie Chaplin, in assoluto il miglior attore e il miglior regista di tutti i tempi.
Luci della Città è uno dei suoi film più famosi, scelto per la preservazione nel 1991 dal National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al 76° posto della classifica dei migliori 100 film statunitensi di tutti i tempi e 10 anni dopo, nella lista aggiornata, è salito all'11° posto. Nel 2002 fu inserito al 10° posto dei migliori cento film sentimentali statunitensi e nel 2006 al 33° posto dei 100 film più commoventi del cinema americano.
Luci della città (City Lights) è un film muto del 1931, scritto, prodotto, diretto e interpretato da Charlie Chaplin, incluso la colonna sonora, con la collaborazione di José Padilla.
Chaplin veste i panni dell’eterno vagabondo, s’imbatte in una cieca e se ne innamora. Salva un milionario ubriaco da un suicidio e si finge milionario per conquistare la fioraia cieca, le promette di curarle la cecità e intanto si trova immischiato in guai seri che lo conducono fino in prigione.
La pellicola è stata proiettata la prima volta il 30 gennaio 1931 al Los Angeles Theater a Los Angeles
Curiosità: Alla prima del film, lo scienziato Albert Einstein era in compagnia di Charlie Chaplin. Gli spettatori nel vederli insieme si alzarono in piedi e li applaudirono a lungo, in modo caloroso. Chaplin mormorò all’orecchio dell’amico Einstein: "Vede, applaudono me perché mi capiscono tutti; applaudono lei perché non la capisce nessuno”.
Charlie Chaplin raccontò di aver conosciuto Virginia Cherrilla, la protagonista della fioraia cieca, a un incontro di boxe nel 1928 e di averla scritturata immediatamente per il suo imminente lavoro.
Nonostante impazzasse ormai il sonoro, Chaplin restò fedele al muto e alla pantomima che lo aveva reso celebre, fino al 1940. Con “Il Grande Dittatore (1940)” ha inizio il sonoro per Chaplin.
Per realizzare Luci della Città ci sono voluti tre anni, e l’utilizzo di ben 100.000 metri di pellicola, ciò testimonia quanto Chaplin fosse irriducibile nel cercare la perfezione. I film di oggi sono sciacqui e imperfetti, niente a che vedere con la classe cristallina di un tempo. 




LA NOTTE DEI MORTI VIVENTI (1968 - George A. Romero)




Romero si è ispirato al romanzo fantastico Io sono leggenda (I am legend) di Richard Matheson, in cui un solo uomo è rimasto sulla terra dominata dai vampiri.
Il film fu girato su 35 mm in bianco e nero per necessità virtù, non c’era un budget adeguato per realizzarlo in 16 mm e a colori. Gli effetti speciali erano, infatti, molto semplici, per il sangue fu utilizzato lo sciroppo Bosco e i vestiti erano di seconda mano.
Il titolo iniziale era “Monster Flick” e il copione era suddiviso in tre parti, la prima è diventata La Notte dei Morti Viventi, e gli altri due riadattate per “Zombi” e “Il Giorno degli Zombi”. La Walter Reade Organization accettò di proiettare il film senza modifiche o censure con la sola condizione di cambiare il titolo in “Night of the Living Dead”.
Per il cast furono ingaggiati attori sconosciuti al pubblico, e per le molte comparse degli zombi si prestarono gli abitanti di Evans City (dove venne girato il film), eccitati di partecipare a un film horror.
Il film costò 114.000 dollari e incassò la bellezza di 30 milioni di dollari.
La prima del film fu il 1º ottobre 1968 al Fultom Theatre di Pittsburgh. Attirò un pubblico di adolescenti, i divieti posti dall'MPAA entravano in vigore il mese successivo. Roger Elber del Chicago Sun-Times criticò i genitori e i proprietari dei cinema. Elber disse: «Non credo che i ragazzi sapessero cosa stavano andando a vedere. Erano abituati ad andare al cinema, certo, e sicuramente avevano visto altri film horror, ma questo è diverso».
In Italia il film uscì nell'estate del 1970 distribuito da Edmondo Amati con un incasso eccezionale di quasi due miliardi di lire dell'epoca. In Italia, come in molti altri paesi del mondo, il film fu vietato ai minori di 18 anni, per la violenza di alcune scene, che per l'epoca erano molto impressionanti (il film viene spesso citato come uno dei predecessori dello splatter odierno).
Nel 1999 fu inserito dalla Biblioteca del Congresso nel National Film Registry come film "culturalmente, storicamente o esteticamente significativo". Nel 2001 l'American Film Institute lo inserì nella lista 100 Years... 100 Thrills, la quale comprende i 100 migliori film horror e thriller.
La Notte dei Morti Viventi è il primo di 6 film diretti da George Romero sugli zombie. A questo seguirono Zombi (1978), Il Giorno degli Zombi (1985), La Terra dei Morti Viventi (2005), Diary of the Dead - Le Cronache dei Morti Viventi (2007) e Survival of the Dead - L'Isola dei Sopravvissuti (2009).
A causa di un errore commesso dal distributore il film è diventato di pubblico dominio.
Il merito del successo della pellicola va a Romero, i suoi zombi non sono evocati da un rito vudù haitiano, né sono esseri viventi ai quali un houngan (stregone) ha tolto l'anima: trasformandoli in “Morti Viventi”, schiavi dello stregone che lo servono in uno stato di trance. I suoi zombi sono creature prive d’intelligenza, spinte solo dalla sanguinaria voglia di uccidere e di divorarne le carni per saziare la loro famelicità.
Per gli amanti dell’horror non ci sono parole, per i non amanti il mio consiglio è di vederlo, almeno una volta, magari con la luce accesa. 




LA VITA E’ MERAVIGLIOSA (1946 - Frank Capra)




E’ tratto dal racconto The Greatest Gift, scritto nel 1939 da Philip Van Doren Stern, considerato come uno dei film più ispiratori, popolari e amati del cinema americano, la cui visione è divenuta tradizionale durante le Festività Natalizie.
Il film, che vede James Stewart e Donna Reed tra i protagonisti, ottenne cinque candidature ai premi Oscar e la vittoria del Golden Globe al regista Frank Capra. Nel 1990 fu scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, mentre nel 1998 l'American Film Institute lo inserì nella lista dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi.
Tre citazioni storiche del film candidate per essere inserite nelle lista AFI's 100 Years... 100 Movie Quotes, 100 le 100 migliori citazioni cinematografiche:
«Che cosa vuoi, Mary? Puoi dirmelo! Vuoi la luna? Se la vuoi, io la prenderò al laccio per te.»
«Al mio fratellone George, l'uomo più ricco della città!»
«Guarda papà, guarda. La maestra dice che quando suona una campana un angelo mette le ali.»
Curiosità: Il bacio tra George (James Stewart) e Mary (Donna Reed) nel 2011 fu inserito tra i 50 migliori baci cinematografici di sempre da Total Film.
E’ una spumeggiante commedia, spruzzata con scene molto drammatiche e commoventi. Quando il disamore per la vita sprofonda fino alla requie del suicidio, ecco che brilla nell’animo la magica scintilla dell’amore: la famiglia, gli amici e, un Angelo per guida.
Malgrado l’inesorabile tempo trascorra in fretta, questa pellicola non invecchia mai, neanche nel prossimo futuro. Sono strasicuro che tutti voi, almeno una volta nella vita, abbiate visto questo capolavoro, se così non fosse esigo che lo facciate al più presto, e vi prometto che dopo mi ringrazierete. Non aspettate il Natale per vederlo, spicciatevi; e se non lo avete con voi, fate l’impossibile per reperirlo, oggi non è impossibile come lo era una volta. Da buon intenditore poche parole.




THE ELEPHANT MAN  (1980 - David Lynch)



Dai libri The Elephant Man and Other Reminiscences (Sir Frederick Treves) e The Elephant Man: A Study in Human Dignity (Ashley Montagu), è stato adattato The Elephant Man, un film biografico del 1980,  diretto da David Lynch.
Il dottor Frederick Treves (Anthony Hopkins) s’imbatte in strada con una creatura deforme durante uno spettacolo in strada, allestito dal malvagio Bytes. John Merrick (John Hurt) è deforme in gran parte del corpo, specie alla testa, a causa della Sindrome di Proteo, per questa sua deformità simile all’elefante è soprannominato L’Uomo Elefante.  Per evitare di farsi deridere in strada, Merrik indossa in testa un sacco bucato cucito ad un cappello, in modo tale da coprire la testuggine e in parte le deformità del viso.
Rigorosamente girato in BN il film ha ricevuto 8 nomination, senza vincerne nessuno, ha comunque ricevuto ambiti premi e riconoscimento dalla critica.
Curiosità: Per realizzare il trucco su John Hurt, il regista David Lynch ottenne il permesso di prelevare dei calchi del corpo di Merrick, conservati tuttora nel museo del Royal London Hospital.
In una scena del film La vera storia di Jack lo squartatore, durante una riunione di congresso del dottorato viene messo in mostra Joseph Merrick che viene mostrato a tutta la giuria coperto da un velo. Nella scena il dottore lo chiama giustamente Joseph Merrick ma egli stesso lo corregge ribattendo debolmente "John Merrick", un chiaro tributo al film di David Lynch.
Il film presenta, alcune volte, un errore comune in molte biografie e opere di finzione sulla vita di Merrick: costui viene chiamato John, quando in realtà il suo vero nome era Joseph
Treves non insegnò a Merrick alcuna parola. A causa della deformità sparsa in tutto il capo, la bocca risultava danneggiata impedendo a Merrick l'uso della parola; dopo numerosi interventi nell'ospedale cui era in cura, Merrick riuscì a parlare liberamente, senza l'appoggio di nessuno.
The Elephant Man è un film da vedere perché ci rammenta che la vita è uno specchio dove si riflettono il bello e il brutto di ognuno di noi, attraverso di esso non possiamo nascondere la nostra deformità e la nostra bellezza perché entrambe hanno la stessa natura, invisibile soltanto a chi non si specchia o si rifiuta di specchiarsi. Merrik non si ribella alla sua deformità, si ribella alla gente comune che lo deride, perché lui è un essere umano, non un animale.
La deformità fa sorridere, ma l’ignoranza uccide.
Guardate il film e in voi qualcosa cambierà in meglio




IL PRESAGIO  (1976 - Richard Donner)





«Dal mare eterno egli sorge, creando eserciti su ambedue le sponde, mettendo l'Uomo contro suo fratello, finché gli uomini non esistono più… »
Il film è tratto dal romanzo di David Seltzer. Ha vinto l’Oscar per la Miglior colonna sonora a Jerry Goldsmith.
Damien (Harvey Stephens) è l’Anticristo, il figlio del diavolo incarnato in un innocente bambino, e la bestia che sale dal “Mare Eterno” è interpretato con il mondo della politica. Il padre Robert Thorn (Gregory Peck) è un diplomatico statunitense a Roma, e la madre Katherine Thorn (Lee Remick) perderà il bambino per causa sua.   
Nella storia del cinema si sono verificati casi di maledizioni e sventure alla troupe cinematografica, ad esempio: Poltergeist - Demoniache presenze del 1982 o all'italiano Cannibal Holocaust, L’Esorcista, ecc.
Il Presagio ha subito la stessa sorte.
L'aereo proveniente da Los Angeles su cui viaggiava Gregory Peck fu colpito da un fulmine. Tre giorni dopo sullo stesso aereo stava viaggiando David Seltzer (autore del romanzo e sceneggiatore del film) quando venne nuovamente colpito da un fulmine.
La stazione metropolitana di Green Park a Londra saltò in aria mentre la troupe cinematografica ci si stava recando.
Per realizzare alcune riprese dall’alto, il regista noleggiò un piccolo aeroplano che poi per decisione dello stesso regista non venne utilizzato il giorno stabilito. Fu una fortuna: l’aereo poco dopo essere decollato, perse quota e precipitò investendo in pieno l’auto sulla quale viaggiavano la moglie e i figli del pilota. Morirono tutti.
Lo specialista per gli effetti speciali John Richardson, autore della celebre sequenza della decapitazione del fotografo, si trovava in Belgio sul set del film Quell'ultimo ponte quando ebbe un incidente d’auto frontale. La fidanzata, che era in auto con lui, morì decapitata. Quando egli si riprese e scoprì che la ragazza era morta vide la scritta “Liège 66,6 km”.
Io ho letto prima il libro e poi ho visto il film e posso assicurarvi che mi sono piaciuti entrambi. A dire il vero il libro l’ho due volte e il film l’ho visto tre volte, e posso affermare con assoluta certezza che quanto prima lo rivedrò di nuovo.
Il tema del Diavolo suscita sempre curiosità e spavento, siamo calamitati dalla sua figura inconscia perché crediamo in Lui, (io non ci credo assolutamente), ragione per cui ogni suo riferimento ci fa rabbrividire, anche attraverso la pellicola cinematografica.
Vi consiglio di vederlo, e di leggere anche il romanzo. 




SPARTACUS (1960 - Stanley Kubrick)





Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Howard Fast (1952).
Il regista Anthony Mann fu licenziato dopo breve tempo dal produttore e protagonista Kirk Douglas, lo sostituì Stanley Kubrick; Douglas era già stato diretto da lui tre anni prima in Orizzonti di gloria.
Kirk Douglas, produttore e interprete di Spartacus, realizzò questo epico film per competere con Hollywood dopo essere stato rifiutato dalla troupe di Ben-Hur per il ruolo principale, gli era però stato offerto la parte del tribuno romano Messala, proposta che l’attore rifiutò.
Spartaco (? - 71 a.C.), gladiatore di origine tracia che nel 73 a.C. capeggiò una rivolta di schiavi contro la potenza di Roma. Ridotto in schiavitù, fu condotto nella rinomata scuola di Capua di Batiato e addestrato come gladiatore. Dopo un litigio con Marcello, Spartaco si ribella, e con l’apporto dei compagni distruggono la scuola e trucidano il presidio romano. Si rifugerà sul Vesuvio insieme a un esercito di schiavi liberati e saccheggeranno i territori limitrofi.
La ribellione di gladiatori e schiavi, capeggiata dal trace Spartaco, si trasforma nella terza guerra servile, la più pesante per Roma. Dopo aver vinto l’esercito al comando del pretore Publio Valerio Glabro nella battaglia del Vesuvio, dopo due anni di resistenza l'armata ribelle è sconfitta definitivamente.
Spartaco: «Io so che finché vivremo, saremo sempre fedeli a noi stessi».
Curiosità: Dalton Trumbo fu costretto a scrivere la sceneggiatura sotto falso nome, era sospettato di filocomunismo, finito nel mirino della commissione del senatore McCarthy; fu Douglas a volere che lavorasse per questa pellicola e in seguito, fece reinserire il suo vero nome nei titoli.
Kubrick fece registrare con un'apparecchiatura a tre vie i cori e gli incitamenti di 76.000 spettatori durante una gara di football degli Spartans, squadra del Michigan State Notre Dame College di Lansing, per realizzare il frastuono delle scene di massa.
Il Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, andò a vederlo e dichiarò che gli era piaciuto molto.
1961 - Premio Oscar:
Miglior attore non protagonista a Peter Ustinov
Migliore fotografia a Russell Metty
Miglior scenografia a Alexander Golitzen, Eric Orbom, Russell A. Gausman e Julia Heron.
Migliori costumi a Valles e Bill Thomas.
E’ un film spettacolare che consiglio di vedere e rivedere.




IL VIGILE  (1960 - Luigi Zampa)





L’ispirazione del film è avvenuta attraverso un fatto di cronaca realmente accaduto nel luglio del 1959, esattamente, al vigile Ignazio Melone, costui si era concesso, per far fede al suo sacrosanto dovere, di multare per un sorpasso vietato il questore di Roma Carmelo Marzano. Questi, dapprima risentito e poi indignato per non essere stato riconosciuto, poiché si attendeva la giusta agevolazione, sostenne che il suo sorpasso, nonostante il cartello segnaletico fosse presente, per il modo in cui lo aveva saputo gestire non aveva arrischiato nessun pericolo. Il mensile Quattroruote (fascicolo settembre 1959) ricostruì l'episodio con un servizio fotografico con tanto di didascalie. Proprio come avviene nel film. Nella pellicola, invece del Questore c’è il Sindaco (Vittorio De Sica). Al processo il rigore etico dell’inflessibile vigile Otello (Alberto Sordi) si smonta nel momento in cui riceve le minacce riguardo a una memorabile scoperta in seno alla sua famiglia, precisamente la sorella, che a Milano fa la prostituta, tale fulmine a ciel sereno lo costringe a ritrattare tutto. La morale della favola è: mai essere severi con chi è sopra di te, conviene lasciar correre altrimenti ci si rimette. Difatti, il vigile Otello, dopo essere stato reintegrato in servizio, ogni volta che vede la velocissima automobile del Sindaco la lascia sfrecciare liberamente senza intervenire, lo saluta con ovazione e lo incita a passare con la paletta, finché un giorno non succede il patatrac…
Nessun attore, meglio di Alberto Sordi, poteva interpretare il ruolo del vigile Otello Celletti, per la sua immane capacità di calarsi psichicamente e psicologicamente nei personaggi, da sembrare autentico. Sordi ha caratterizzato alla perfezione i panni dell’italiano in quasi tutti i suoi film, attraverso i quali noi possiamo capire i pregi e i difetti degli italiani e la sua remota e contemporanea storia.
Reputo Albertone il miglior attore italiano di sempre, di tutti i suoi film, e sono oltre duecento, soltanto una decina sono da scartare, ciò testimonia la sua bravura e la sua immortalità.
Questa pellicola è una delle migliori interpretazioni di Sordi, una commedia spumeggiante per tutti, c’è in essa molta verità, ma soprattutto c’è una morale che deve farci riflettere.

Dopo che avrete letto questa recensione guardatevi subito questo film.



IL CONTE MAX  (1957 - Giorgio Bianchi)




In questa pellicola Sordi si supera con delle trasformazioni pazzesche, dal finto Conte che corteggia la baronessa (Anne Vernon), al giornalaio della stazione che nega a Lauretta (Susanna Canales) la serva della baronessa Elena di Villombrosa, di essere il conte Max, allo studente che vuole apprendere l’arte nobile presso il vero conte Max Orsini Varaldo (Vittorio de Sica). La trama è un intreccio ingarbugliato che si mescola con una cascata di guai…
Questa pellicola è il remake del film: Il signor Max (1937) con Vittorio De Sica, premiato a Venezia. Nel 1991, Christian De Sica (figlio di Vittorio De Sica) fa un nuovo rifacimento del film con l’omonimo titolo.
Non occorre dire quali dei tre è il migliore, perché Sordi è una garanzia assoluta.
Questo è un film spumeggiante, vi garantisco che vi allieterà per 97 minuti e vi rallegrerà la giornata, la serata o la nottata. Per i fans di Sordi non occorre che aggiunga dell’altro, per i non amanti di Sordi vi consiglio calorosamente di vedere questo film.




IL GRANDE DITTATORE  (1940 - Charlie Chaplin)




«Qualsiasi somiglianza tra il dittatore Hynkel e il barbiere ebreo è puramente casuale», inizia così il film, con questa didascalia che Chaplin tiene a precisare. E’ una parodia del nazismo e prende di mira direttamente Adolf Hitler e il movimento nazista tedesco.
Nel 1941 questa pellicola ottenne cinque candidature al premio Oscar, inclusi miglior film e miglior attore dello stesso Chaplin. E’ una vergogna non aver premiato con un Oscar questo capolavoro universale di Chaplin, l’unico, più di chiunque altro attore o regista al mondo, a meritarlo. Finché è l’uomo a decidere non ci sarà mai imparzialità, proprio per questa ragione io valuto i film per il loro vero valore e non perché sono premiati dagli Oscar.
«Più che in qualunque trovata comica, credo che il fascino di Chaplin stia nella sua capacità di riaffermare la verità – soffocata dal fascismo e anche, fatto piuttosto comico, dal socialismo – che vox populi è uguale a vox Dei e che i giganti sono vermiciattoli». (George Orwell).
Il film fu vietato in quasi tutta l'Europa dal 1940 al 1945 a causa del potere nazifascista che ne proibì la distribuzione.
Di tutto il film resta memorabile la celeberrima scena in cui il generale Hynkel danza rapito con un mappamondo inseguendo i propri sogni di conquista. Chaplin realizzò un duro atto d'accusa alle dittature emergenti dell'epoca in Europa, ribadendo con forza la propria vocazione pacifista.
Nel 1949 il film fu distribuito in Italia col titolo “Il Dittatore”, e fu tagliato di 25 minuti fino al 2002, ridistribuito integralmente e restaurato dalla BIM Distribuzione.
Nel 1997 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Nel 2000 l'American Film Institute lo ha inserito al 37 posto nella classifica delle cento migliori commedie americane di tutti i tempi.
Charles Spencer Chaplin iniziò la sua carriera da bambino come attore di music-hall e di pantomime. Nel 1910 si recò in tournée negli Stati Uniti con una compagnia di comici, e decise di rimanervi. Fece la sua prima apparizione sullo schermo nel 1913 in un film del regista Mack Sennett. In Charlot si distingue (1914) introdusse il personaggio del “Piccolo Vagabondo” dai pantaloni larghi e sformati, grosse scarpe, bombetta e bastone da passeggio: nel corso della sua carriera, Chaplin avrebbe interpretato questo ruolo ormai classico in più di 70 film.
Charlie Chaplin è una garanzia assoluta, tutti i suoi film, muti e non, sono intensi, commoventi, gustosi, comici e spettacolari, da vedere e rivedere sempre. Un mostro sacro come Chaplin non ha bisogno di essere pubblicizzato, merita solo di essere applaudito e venerato. 





IL BACIO DELLA PANTERA  (1942 - Jacques Tourneur)





 Titolo originale del film: Cat People, girato in B/N.
«Potete ingannare chiunque, ma è quasi impossibile riuscire a ingannare un gatto: sentono d'istinto quando qualcuno non li ama».
(Signorina Plunkett).
La serba disegnatrice Irena Dubrovna Reed (Simone Simon) crede di essere una discendente di una malvagia tribù e ha paura di trasformarsi in una pantera se travolta dalla passione, dalla rabbia o dalla gelosia.
 L’incasso di questa pellicola ha salvato dal disastro finanziario il produttore Val Lewton, assunto dalla RKO per realizzare film horror a basso costo che non superassero i 150.000 $.
 L’uso della luce contribuì a introiettare il contenuto del film e a provocare nello spettatore un'assimilazione più forte e profonda con i personaggi. La pellicola è famosa perché terrorizza gli spettatori con la suggestione di un orrore che non si vede, basato su un caracollo di ombre proiettate e indefiniti effetti sonori, come la suggestiva sequenza della piscina. La pantera resta nascosta fino alle scene finali del film. La sequenza finale di Irena che si trasforma in una pantera nera fu inclusa a dispetto delle obiezioni del regista.
 All’uscita del film, le recensioni furono varie. La rivista Variety definì Il Bacio della Pantera uno «strano lavoro che bilancia la tensione e il brivido». Bosley Crowther, del New York Times, commentò: Il Bacio della Pantera è un tentativo forzato e ovvio di provocare stupore.
 Il film è diventato un horror da cineteca, tutto giocato sui turbamenti del non-detto e su un raffinato geometrismo delle immagini.
 Il film ebbe un seguito nel 1944, Il Giardino delle Streghe (The Curse of the Cat People), per la regia di Gunther von Fritsch e Robert Wise, e un remake del 1982, con Nastassja Kinski, per la regia di Paul Schrader
 Nel 1993 Il Bacio della Pantera è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti poiché "culturalmente, storicamente o esteticamente importante".

 Da vedere in compagnia di un gatto, state attenti che non vi graffi.





L’APPARTAMENTO  (1960 - Billy Wilder)      



                                  

 Uno dei migliori film di Billy Wilder, girato in B/N. Vincitore di ben 5 Oscar.
 Il contabile C.C. Baxter, (Jack Lemmon): detto Ciccibello (Buddy Boy nell'originale), impiegato in una compagnia di assicurazioni americana, cattura le simpatie dei dirigenti in maniera astuta, offre il suo appartamento per le loro scappatelle extraconiugali, e durante i loro tête-à-tête se ne va a spasso per la città.
 L’andazzo dura finché Baxter non s’innamora di Fran Kubelik, (Shirley MacLaine) graziosa lift-girl, una delle signorine in uniforme che manovrano i grandi ascensori del palazzo aziendale. Egli scopre che la donna è l'amante del capo del personale, Jeff D. Sheldrake], (Fred MacMurray) il quale si rivolge proprio a lui per usufruire del suo dell'appartamento, dietro consiglio dei colleghi.
 Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al 93° posto della classifica dei migliori 100 film statunitensi di tutti i tempi. 10 anni dopo, nella lista aggiornata, è salito all’86° posto.
 Jack Lemmon ottenne la nomination ma non vinse la statuetta come miglior attore protagonista, peccato!
 Nella sua carriera ha vinto due Oscar. Nel 1956 come Miglior attore non protagonista, nel film: La nave matta di Mr. Roberts. E nel 1974 come Miglior attore protagonista nel film: Salvate la tigre.
 Oltre a questo film, vi consiglio di vedere altre tre bellissime pellicole di Billy Wilder con Lemmon protagonista: A qualcuno piace caldo (1959), con Marylin Monroe, Irma la dolce (1963) e Prima pagina (1974).
 Jack Lemmon fu uno degli interpreti preferiti del regista Billy Wilder che ne sfruttò con abilità l'innato talento brillante. Assieme a Walter Matthau formò per anni un proficuo sodalizio artistico.





MEZZOGIORNO DI FUOCO  (1952 - Fred Zinnemann)





 La pellicola, dal titolo originale: "High Noon" narra la vicenda di uno sceriffo (Gary Cooper) che si sente moralmente obbligato ad affrontare un manipolo di fuorilegge che sta per giungere in città, ma viene tradito e abbandonato da tutti i cittadini.
 Il film, in Bianco & Nero, fu apprezzato sin dalle prime uscite nelle sale cinematografiche, ritenuto dai critici un capolavoro assoluto.
 I produttori erano controversi sulla scelta del regista Fred Zinnemann, convinti che un austriaco-ebreo non fosse in grado di dirigere un genere americano come il western. La controversia si ripeté anche nella scelta di Gary Cooper nel ruolo del protagonista, lo Sceriffo Willy Kane, considerato troppo anziano per interpretare un personaggio che si sposa all'inizio del film con Grace Kelly, di trent'anni più giovane nella realtà.
 Il film segna il debutto ufficiale dell’attore Lee Van Cleef, grazie al quale il regista Sergio Leone l’ha voluto fortemente nei suoi film dopo averne apprezzate le qualità, proprio nel momento in cui l’attore attraversava un periodo difficile, a causa dell’alcolismo.
 La canzone Do not forsake me, oh my darling, colonna sonora del film, cantata dal famoso cantante country Tex Ritter, è diventata molto popolare soprattutto nella successiva versione dell'italo-americano Frankie Laine.
 Nel 1989 è stato inserito fra i film conservati nel National Film Registry presso la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
 Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al 30° posto della classifica dei migliori 100 film statunitensi di tutti i tempi. 10 anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al 27° posto.
Vincitore di 4 Oscar,
Miglior attore protagonista a Gary Cooper
Miglior montaggio a Elmo Williams e Harry W. Gerstad
Miglior colonna sonora a Dimitri Tiomkin
Miglior canzone (Do Not Forsake Me, Oh My Darlin) a Ned Washington e Dimitri Tiomkin.
 E’ un film ricco di suspense e di tensione per un western, tiene lo spettatore inchiodato allo schermo fino alla fine. Da non perdere.





LA FEBBRE DELL’ORO  (1925 - Charlie Chaplin)






 Titolo originale della pellicola (The Gold Rush) è un film muto diretto, interpretato e prodotto da Charlie Chaplin, come tutte le sue pellicole. Fu proiettato la prima volta il 26 giugno 1925. L’ispirazione arrivò a Chaplin durante la proiezione di alcune diapositive, in casa degli amici Douglas Fairbanks e Mary Pickford, esse ritraevano un gruppo di cercatori che, nel 1898, all'epoca della corsa all'oro del Klondike (tra il Canada occidentale e l'Alaska), in una lunga fila cercava di scalare la montagna del Chilkoot Pass, porta d'accesso ai giacimenti. Ad accrescere il suo entusiasmo e ad accendere la sua fantasia fu un libro che egli lesse di getto, strabiliato dalle vicissitudini di un gruppo di emigranti diretti in California che nel 1845 rimase bloccato tra i ghiacci della Sierra Nevada e che per sopravvivere, in attesa dei soccorsi, si ridusse a cibarsi dei cani, dei finimenti di cuoio del vestiario nonché dei cadaveri dei compagni deceduti. Il genio sempiterno di Chaplin accese la sua fervida immaginazione e gli suggerì il soggetto per il suo nuovo film. Il confine tra tragedia e comicità era una simbiosi perfetta per l’eterno vagabondo, confinato nel rude universo dei cercatori d’oro, facendogli condividere tutti i rischi del freddo, dell'inedia, della solitudine, compresi gli agguati di orsi.
 Chaplin non mischiò mai la sua professione con la sua vita privata, questa volta, però, dovette farlo a sue spese. Alle selezioni per la nuova attrice che avrebbe sostituito Edna Purviance, avviata sul viale del tramonto, si presentò la sedicenne Lillita MacMurray già interprete dodicenne dell'angelo nel film: Il Monello. Fu scritturata col nome d'arte di Lita Grey e in breve intrecciò una relazione col protagonista. A sei mesi dall'inizio della lavorazione del film, Lita rimase incinta di Chaplin. Per evitare lo scandalo, il regista si trovò costretto a sposarla, e in futuro tale matrimonio gli riservò molti dispiaceri.
 Nel 1992 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
 Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al 74° posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi. 10 anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al 58° posto. Nel 2000 sempre l'American Film Institute lo ha inserito al 25° posto nella lista delle migliori 100 commedie americane.
 Il film è uno dei migliori riusciti da Chaplin, c’è genialità, tenerezza, solitudine e speranza. E’ pura genialità le riproduzioni e le riprese con i modelli in miniatura della capanna in bilico sul burrone, così come i meccanismi per le sue oscillazioni, con risultati di straordinario realismo.
 E’ celeberrima soprattutto la scena in cui il protagonista Chaplin cucina e mangia uno scarpone, ciò gli ha causato spiacevoli conseguenze diarroiche a causa della liquirizia, di cui era composto lo scarpone, che fu consumato in gran quantità poiché la scena dovette essere ripetuta più volte.
 Indimenticabile resta la scena del ballo con i panini, presa a prestito da un film del 1917 di Fatty, che fu il primo a presentarla in pubblico. Chaplin riuscì a caricarla di genialità e poesia con l'effetto che, durante la proiezione, alcune platee di spettatori richiesero per acclamazione la ripetizione della scena, con conseguente interruzione della proiezione per permettere il riavvolgimento della pellicola.
 La recensione parla da sé, non occorre aggiungere nulla di più. Charlie Chaplin è un mostro sacro, la perfezione assoluta. 






TEMPI MODERNI  (1936 – Charles Chaplin)




Chaplin era restio all’avvento del sonoro che come un uragano aveva trasmutato con una magia il suggestivo muto con il prorompente sonoro da tutti accolto con osannante delirio ed ovazione, non più lettura veloce sullo schermo accompagnato dallo strimpellio del pianoforte, ora dolce, ora piano, ora forte. Tuttavia Tempi Moderni rimase un film muto, pur contenendo alcune scene sonore.
Chaplin si poteva considerare in assoluto, uno strabiliante psicologo e scrupoloso osservatore del genere umano, con occhio attento anche alla specie animale. Soleva osservare con minuziosa attenzione le persone che gli erano accanto o distanti, specie se queste erano affette da bizzarri atteggiamenti o comportamenti, per poi ripresentarli nei suoi film. Non c’è un suo film che non narri di questi stravaganti tipacci, sofferenti e derisi nella vita reale, divertenti e teneri sullo schermo. Non c’è da stupirsi se l’omino ci appare incredibilmente tenero e pastoso sullo schermo e riluttante nella vita reale, sebbene ciò sia soltanto una finzione cinematografica a noi spettatori sembra più reale della realtà, e il merito della nostra commozione la dobbiamo a questo meraviglioso regista, l’unico a saper leggere con chiarezza nell’animo umano, e a intuirne il tormento e l’estasi.
Chaplin era la perfezione assoluta in persona, a dispetto dello spreco di pellicola che lo dissanguava e la svenevole pazienza degli attori, spremuti come arance sul set. Anche la scelta degli attori era prettamente una sua prerogativa, a dispetto della loro fama o della loro nullità. Michelangelo attraverso un blocco di marmo vedeva una figura da scolpire, Chaplin possedeva la stessa abilità con gli attori, e poco gli importava se fossero dilettanti o addirittura sconosciuti. Persino la musica era da Chaplin composta con altrettanta meticolosità, per Lui ogni suo film era un suo bambino che nasceva e doveva partorirlo in modo perfetto, con le proprie mani.
Tempi Moderni è un film imperniato su un futuro meccanizzato, un osannante incubo per i lavoratori di fabbrica, inchiodati a una catena di montaggio per otto ore feriali o più, tanto da ripeterne le gesta inconsciamente durante il giorno e la notte, simili più a dei burattini.

Nel 1936 è stato indicato tra i migliori dieci film dell'anno dal National Board of Review of Motion Pictures.
Nel 1989 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
È stato inserito dall'American Film Institute nell'AFI's 100 Years... 100 Movies (risultando 81° nel 1998 e 78° nel 2007 e nell'AFI's 100 Years... 100 Laughs del 2000 (33º posto).

Per gli operai che lavorano a una catena di montaggio in fabbrica, vedere questo film sarà un’occasione per riderci su, e chissà che magari non renda più dolce la loro quotidiana monotonia sul lavoro. Per tutti gli altri è un film da gustare e da riflettere.


Accomodatevi in poltrona, sul divano o sotto le coperte e… buona visione.

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