martedì 28 gennaio 2014

Sono 23 le cosche che governano il casertano

CAMORRA IL DOSSIER DELLA DIA/ Sono 23 le cosche che governano la Provincia di Caserta. L'Alto Casertano in mano ai casalesi attraverso i boss Papa e Russo

 Il nuovo assetto in un vertice con Schiavone jr. La Dia disegna la mappa: “Clan ancora ricchi, giovani a rischio reclutamento”. Sono 23 le cosche che si dividono gli interessi illeciti nel territorio della provincia di Caserta. A rivelarlo è stato l'ultimo rapporto semestrale della Direzione Investigativa Antimafia, già consegnato al Ministero dell'Interno. Gli assetti della criminalità organizzata in provincia di Caserta sono ancora condizionati dall'influenza della federazione dei Casalesi, di cui fanno parte le famiglie Schiavone, Bidognetti, Iovine e Zagaria. Si tratta di gruppi che hanno esteso la loro presenza in altre regioni, in particolare nel Lazio ed in Emilia Romagna, con propagazioni anche in Toscana, Umbria ed Abruzzo, funzionali ad attività di reinvestimento di capitali illeciti, traffici di stupefacenti e rifiuti. Importanti sono anche i legami che nel tempo tali consorterie hanno stretto con altri sodalizi criminali sia campani che di altre zone della Penisola. Sono stati proprio i sequestri operati al Centro ed al Nord confermando le disponibilità patrimoniali dei clan casertani, evidenziano la capacità di insediarsi in altre regioni. La pericolità del cartello dei Casalesi è la determinazione degli obietti- vi da perseguire, secondo gli 007 della Dia, è ben tratteggiata nel decreto di fermo che ha portato per la prima volta in carcere, esattamente un anno fa, Carmine Schiavone. Nel provvedimento si fa riferimento alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Roberto Vargas, a proposito del progetto di un attentato i danni dei magistrati della Dda, anche grazie all'utilizzo dei terroristi. Il progetto era maturato all'interno della cosca Schiavone, contemporaneamente alle operazioni che hanno portato alla cattura dei capiclan Antonio Iovine e Michele Zagaria ed alla disarticolazione del clan Belforte di Marcianise. Secondo quanto evidenziato nelle 273 pagine del rapporto semestrale “il territorio è tutt'ora caratterizzato da una subcultura della violenza e del confronto che condiziona le fasce più giovani contigue ad ambienti criminali”. Tra i clan disarticolati nel corso dell'ultimo anno ci sono gli Amato di Santa Maria Capua Vetere. Nella cosiddetta “zona delle montagne” che comprende l'area tra Sparanise e Pignataro Maggiore e si estende ai territori di Francolise, Calvi Risorta, Teano, Pietramelara e Vairano Patenora sono attive le famiglie Papa e Ligato. A San Cipriano hanno ripreso in mano diversi affari i Venosa, articolazione dei Casalesi, particolarmente attiva nel gioco e nelle scommesse clandestine.I NUOVI ASSETTI E IL VERTICE. - Il nuovo corso dei Casalesi comincia da una data esatta: 14 novembre 2012. Quella sera, in una masseria di Cancello Arnone, viene organizzato un incontro al vertice tra le cosche Bidognetti e Schiavone. All’ordine del giorno del vertice c’era la spartizione dei territori nell’agro Aversano e in altre zone della provincia di Caserta secondo un nuovo patto tra le cosche dei Casalesi. A rivelarlo è stato, il 28 dicembre 2012, Eduardo Di Martino, poche ore dopo il pentimento: “Nel corso dell’assise venne stabilito che non dovevano essere invasi i territori di competenza i quali furono delineati in dettaglio”. Stando alla ricostruzione della Procura, l’incontro sarebbe servito per appianare alcune divergenze sorte tra i Bidognetti e gli Schiavone, durante l’ultima fase della reggenza di Carmine Schiavone (nella foto). All’incontro parteciparono per la fazione Schiavone proprio il terzogenito di “Sandokan”, Carmine Iaiunese, Eduardo Di Martino, Luigi D’Ambrosio, e Raffaele Maiello (questi ultimi due divenuti in seguito collaboratori di giustizia) e per la cosca Bidognetti Vincenzo Della Corte e Antonio Baldascini. Proprio in quella circostanza, Della Corte si impegnò ad assumere il controllo di Lusciano, dove operava per conto dei fratelli Luciano e Giuseppe Di Cicco, di Parete e di Trentola Ducenta. Il gruppo luscianese, come hanno dimostrato le risultanze investigative dell’indagine sui Di Cicco, si sarebbe interessato anche di richieste estorsive ed attività minori nella città di Aversa. Secondo quanto emerso dal vertice ai Bidognetti andava la gestione degli affari illeciti anche sul litorale domizio, in particolare nei territori di Castelvolturno e Cellole. Escluse dall’intesa le zone di Mondragone e Sessa Aurunca. Agli Schiavone restava la gestione di Casale e degli altri territori dell’agro Aversano e la zona dell’alto Casertano. Un incontro necessario tanto per i Bidognetti quanto per gli Schiavone. La fase di transizione aveva, infatti, bloccato l’erogazione degli stipendi anche all’interno della cosca degli eredi di “Sandokan”. A dimostrazione di tale tesi ci sono proprio le parole di Eduardo Di Martino, l’uomo presente nel summit. “Fino all’arresto di Nicola Schiavone i soldi venivano consegnati a mia moglie. Successivamente per circa sette mesi non sono stati consegnati in quanto c’era confusione all’interno del clan”. Dopo quel vertice si assiste ad un ulteriore riassetto organizzativo in seno al clan. Sulle ceneri del “gruppo misto” tanti affiliati prendono strade diverse: alcuni finiscono alle dipendenze di Carmine Schiavone, altri fanno squadra andando a riprendere gli affari illeciti dei territori storicamente controllati dalla famiglia di Francesco Bidognetti.Sodalizi 'storici' nel panorama criminale, gruppi 'emergenti' e cosche in difficoltà. E' variegato il panorama delineato dal rapporto Dia sulle 23 cosche attive nel Casertano. Gli Esposito, che nel 2013 hanno perso il loro capoclan, controllano Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina. Particolarmente estesa l'area del gruppo Papa, alleati storici degli Schiavone, e che pochi giorni hanno visto 'cadere' un loro uomo, Giuseppe Cantile, ucciso in un agguato di camorra. La loro zona riguarda Sparanise, Pignataro Maggiore, Francolise, Calvi Risorta, Teano, Pietramelara e Vairano Patenora. Si tratta della stessa area, di eccezione di Francolise, dove faceva affari anche il sodalizio Ligato-Lubrano. Discorso simile anche per il territorio alle porte della città del Foro: tra Santa Maria Capua Vetere e Marcianise, insistono sei famiglie malavitose: gli Amato (Santa Maria Capua Vetere, San Tammaro, San Prisco, Curti, Macerata Campania), i Menditto (Recale, Macerata Campania, San Prisco), i Bianco-Panaro (San Tammaro, Santa Maria Capua Vetere), i Perreca (Recale, Macerata Campania e Portico di Caserta), i Piccolo (Recale, Macerata Campania, Portico di Caserta) e i Bifone (Recale, Macerata Campania, Casapulla, Curti, Casagiove, San Prisco e Portico di Caserta). Il clan con maggiore influenza nella provincia orientale restano i Belforte che controllano, oltre a Marcianise, San Nicola la Strada, San Maro Evangelista e Capodrise ed hanno interessi a Portico, Maddaloni e Caserta. Sei gruppi in pochi chilometri, tutti sull’Appia. Nella zona della Valle di Suessola sono ancora attive, secondo la Dia, frange dei Massaro (Maddaloni, San Felice a Cancello, Arienzo e Santa Maria a Vico). Escludendo su Mondragone la presenza degli eredi dell'ormai ex gruppo La Torre, la situazione più complessa resta quella dell'agro Aversano. Partendo dal basso Volturno la Dia segnala interessi del gruppo Mezzero, oltre che a Grazzanise, anche a Santa Maria la Fossa, Capua e Cancello Arnone. Su Villa Literno c'è ancora la presenza dei Cantiello. Tra le fazioni dei Casalesi i Bidognetti hanno ripreso in mano territori importanti, arrivando controllare le aree di Lago Patria e Domiziana e i territori di Parete, Castelvolturno, San Marcellino, Villa Literno e Lusciano, oltre ad alcuni affari a Mondragone. Villa Literno nel mirino degli Zagaria che controllano Casapesenna, Teverola, Trentola Ducenta e Cancello Arnone. Agli Iovine restano San Cipriano d'Aversa, San Marcellino, Villa di Briano, Casaluce e Frignano. Gli Schiavone fanno la parte del ‘leone’, operando su Casal di Principe, Aversa, Orta di Atella, Succivo, Cesa e Gricignano d'Aversa. Su questi ultimi quattro territori il controllo avviene grazie al gruppo dei Russo. Secondo la Dia sono le famiglie a dividersi il resto dell'agro aversano: ai Caterino va Cesa, i Venosa interessi su Aversa, Frignano, Casaluce e San Marcellino. Ancora operativi Lanza (Frignano, San Marcellino e Villa di Briano) e Mazzara (Cesa, Orta di Atella e Succivo). Divisioni radicate, ma destinate a rapidi mutamenti sia a causa dei fragili equilibri instauratisi tra alcuni gruppi sia per l’offensiva dello Stato, che tra arresti dei boss e pentimenti eccellenti, ha decapitato diverse organizzazioni criminali presenti sul territorio casertano.

FONTE: CAIAZZORINASCE.NET