giovedì 23 aprile 2015

Le mie Recensioni dei Film Migliori



LA FEBBRE DELL’ORO  (1925 - Charlie Chaplin)







 Titolo originale della pellicola (The Gold Rush) è un film muto diretto, interpretato e prodotto da Charlie Chaplin, come tutte le sue pellicole. Fu proiettato la prima volta il 26 giugno 1925. L’ispirazione arrivò a Chaplin durante la proiezione di alcune diapositive, in casa degli amici Douglas Fairbanks e Mary Pickford, esse ritraevano un gruppo di cercatori che, nel 1898, all'epoca della corsa all'oro del Klondike (tra il Canada occidentale e l'Alaska), in una lunga fila cercava di scalare la montagna del Chilkoot Pass, porta d'accesso ai giacimenti. Ad accrescere il suo entusiasmo e ad accendere la sua fantasia fu un libro che egli lesse di getto, strabiliato dalle vicissitudini di un gruppo di emigranti diretti in California che nel 1845 rimase bloccato tra i ghiacci della Sierra Nevada e che per sopravvivere, in attesa dei soccorsi, si ridusse a cibarsi dei cani, dei finimenti di cuoio del vestiario nonché dei cadaveri dei compagni deceduti. Il genio sempiterno di Chaplin accese la sua fervida immaginazione e gli suggerì il soggetto per il suo nuovo film. Il confine tra tragedia e comicità era una simbiosi perfetta per l’eterno vagabondo, confinato nel rude universo dei cercatori d’oro, facendogli condividere tutti i rischi del freddo, dell'inedia, della solitudine, compresi gli agguati di orsi.
 Chaplin non mischiò mai la sua professione con la sua vita privata, questa volta, però, dovette farlo a sue spese. Alle selezioni per la nuova attrice che avrebbe sostituito Edna Purviance, avviata sul viale del tramonto, si presentò la sedicenne Lillita MacMurray già interprete dodicenne dell'angelo nel film: Il Monello. Fu scritturata col nome d'arte di Lita Grey e in breve intrecciò una relazione col protagonista. A sei mesi dall'inizio della lavorazione del film, Lita rimase incinta di Chaplin. Per evitare lo scandalo, il regista si trovò costretto a sposarla, e in futuro tale matrimonio gli riservò molti dispiaceri.
 Nel 1992 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
 Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al 74° posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi. 10 anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al 58° posto. Nel 2000 sempre l'American Film Institute lo ha inserito al 25° posto nella lista delle migliori 100 commedie americane.
 Il film è uno dei migliori riusciti da Chaplin, c’è genialità, tenerezza, solitudine e speranza. E’ pura genialità le riproduzioni e le riprese con i modelli in miniatura della capanna in bilico sul burrone, così come i meccanismi per le sue oscillazioni, con risultati di straordinario realismo.
 E’ celeberrima soprattutto la scena in cui il protagonista Chaplin cucina e mangia uno scarpone, ciò gli ha causato spiacevoli conseguenze diarroiche a causa della liquirizia, di cui era composto lo scarpone, che fu consumato in gran quantità poiché la scena dovette essere ripetuta più volte.
 Indimenticabile resta la scena del ballo con i panini, presa a prestito da un film del 1917 di Fatty, che fu il primo a presentarla in pubblico. Chaplin riuscì a caricarla di genialità e poesia con l'effetto che, durante la proiezione, alcune platee di spettatori richiesero per acclamazione la ripetizione della scena, con conseguente interruzione della proiezione per permettere il riavvolgimento della pellicola.

 La recensione parla da sé, non occorre aggiungere nulla di più. Charlie Chaplin è un mostro sacro, la perfezione assoluta. 

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